
Tassista di notte #10
Pioggia insistente e nebbia, non voleva sentirne di smettere. La visibilità era veramente ridotta e, complice la notte, era quasi impossibile spostarsi senza rischiare una collisione.
Mi trovavo in un’area di parcheggio, decisi quindi di fare una piccola sosta nell’attesa che la nebbia si diradasse, lasciai la macchina in folle, spensi i fari, aumentai i riscaldamenti a velocità 3 e dopo aver reclinato leggermente il sedie mi sdraiai.
Mi versai una tazza di caffè caldo dal thermos, appena svitai il tappo una ventata di caffè fece il giro dell’abitacolo , aiutata dall’aria spinta dalle ventole. Lo sorseggiai a piccole dosi, quasi a volerne cogliere ogni singola sfumatura. Al termine accesi una sigaretta e dopo un paio di boccate fui costretto ad abbassare leggermente il finestrino, usciva fumo ed entrava nebbia umida! Mi sbrigai a fare gli ultimi tre tiri che di solito chiamavo “tripletta”, una rapida successione di boccate, tre per l’appunto, prima di spegnere la sigaretta nel posacenere e tirare nuovamente su il finestrino.
La radio trasmetteva canzoni nostalgiche , che mi ricordavano un Italia che non esiste più ma che è possibile osservare in molti film italiani del dopoguerra o in alcuni brani datati. Portai le mani dietro la nuca e mi stiracchiai le gambe.
Socchiusi gli occhi mentre ripercorrevo gli anni della mia infanzia e adolescenza e in automatico senza volerlo accesi un’ altra sigaretta…
Sentii qualcosa di pesante afferrarmi una spalla e strattonarmi, mi agitai e sobbalzai sul sedile. Fuori era giorno, non pioveva più, realizzai di essermi addormentato e di aver passato tutta la notte in quel parcheggio. Nuovamente fui strattonato per la spalla, guardai lo specchietto retrovisore e trovai una losca figura intenta a destarmi dal mio sonno. Un uomo in una giacca in doppio petto nera e un cappello a larghe falde che gli tenevano gli occhi nascosti e il viso in ombra.
:-“ Ben svegliato!” – furono le sue parole pronunciate con violenza.
:-“ Mi scusi, ma devo essermi addormentato ieri sera, e adesso dovrei tornare a casa, non sono in servizio”- feci all’uomo ancora confuso e non del tutto vigile.
:-“ Prima dobbiamo fare giretto” – insistette.
:-“ Guardi non mi è proprio possibile..”- cercai di ribattere, ma prima di finire la frase sentii un oggetto duro premere contro il mio fianco, una pistola.
:-“ non mi costringa ad usarla” – fece il misterioso uomo affondando l’arma contro le mie carni.
Non vi nascondo che feci fatica a controllare la mia paura e la voglia di scappare dal taxi, ma quel pezzo di ferro inibì ogni mio istinto di reazione e cercai di prendere tempo per capire come uscire da quella situazione.
:-“ Bene, adesso che ho la sua piena collaborazione usciamo da questo parcheggio e rechiamoci a Santa Sienna.”
Riluttante all’idea di muovermi con un criminale a bordo, ma non avendo altre alternative, ingranai la prima e mi diressi verso la nostra meta, fortunatamente distante non più di una decina di km.
Santa Sienna si trova in collina, un paesino caratteristico per le sue dimensioni contenute e le sue strutture in pietra. È quasi una borgata, con una piccolissima piazza, e la sua unica via principale che si estende fino ad arrivare in cima alla piccola altura dove si trova la chiesa.
Le strade sono lastricate in pietra e attraversandole col taxi si crea un rumore intermittente continuo e ipnotico.
:-“Fermiamoci in piazza” – mi intimò il mio aguzzino.
Obbedii agli ordini e fermai la macchina. La pistola premeva sempre sul mio fianco e non riuscivo a capire cosa volesse da me quel malintenzionato.
Mi accesi una sigaretta mentre cercavo mentalmente una via di fuga.
Nonostante la situazione non fosse delle migliori non potei fare a meno che notare la bellezza di quel posto. Aveva un aria quasi medievale, la piazza aveva una farmacia, un bar-tabacchi, e un piccolo cinema, in una bacheca sul muro esterno una locandina, di quelle anni 60 fatte a mano con i disegni colorati accesi e le scritte grandi in giallo contornate di nero, non riuscivo bene a scorgerle, data la distanza, ma sembrava una locandina di James Bond agente 007.
Davanti bar due tavolini rotondi che si riparavano sotto un grande ombrellone.
Sulla sinistra una vecchia cabina telefonica.
L’ambiente era molto curato e pulito e ovunque c’erano vasi con fiori di ogni tipo e colore. Al centro della piazza vi era un grande anello , in pietra anch’esso, del diametro di un paio di metri contenente grossi arbusti, lungo il perimetro c’erano dislocate delle panchine in legno scuro.
C’era parecchia gente in giro, anziani che discutevano tra loro, coppie di ragazzi e perfino un paio di carabinieri. Se solo fossi riuscito ad attirare la loro attenzione forse sarei riuscito a cavarmi d’impiccio.
Bastava suonare il clacson, e se nel frattempo quel delinquente mi avesse sparato? Troppo rischioso, pensai…
Per cercare meglio di capire in che guaio mi fossi cacciato, decisi di chiedere direttamente al mio cliente armato.
:-“ Allora? Cosa stiamo aspettando? Che ci facciamo qui?”
:-“ Al momento giusto lo saprai, ora continua a guardare fuori in modo naturale, senza attirare l’attenzione di nessuno.”.
Era impenetrabile come la corazza di un carro armato, per tutto il tempo non aveva spiccicato una parola e continuava a tenermi puntata la pistola addosso.
Magari aspettava che si allontanassero i carabinieri per sparire da qualche parte, o aspettava qualcuno,un complice.
Ero confuso e non sapevo cosa fare.
In quel momento dodici rintocchi di campana suonarono a festa e la gente cominciò a muoversi in direzione della chiesa. Una quindicina di minuti dopo si sentì suonare la banda. Dal portone del santuario vidi uscire un gruppo di persone vestite d’azzurro che portavano in spalla un santo, avanti a loro la banda, a seguire il prete circondando da bandiere e stendardi, poco più indietro una decina di carabinieri col sindaco che indossava la sua fascia tricolore, ancora dietro tutti i partecipanti, le immancabili comari vestite a lutto e una cinquantina di persone. Cominciarono a scendere lungo la stretta strada che portava in piazza, era a doppia corsia di circolazione ma data la larghezza esigua delle carreggiate due gruppi di vigili urbani regolavano il traffico sfruttando una sola corsia.
A quella vista il delinquente si agitò e prese parola.
:-“ Ora ti spiego quello che farai. Col taxi salirai verso la chiesa, supererai la banda e il parroco, ti affiancherai al sindaco e rallenterai, io aprirò lo sportello e lo caricherò a bordo, a quel punto dovrai correre come un matto e portarci il più lontano possibile, le forze dell’ordine sono troppo lontane dalle loro automobili per inseguirci e acquisiremo un enorme vantaggio.”
Un rapimento pensai? Questo qui è matto da legare!
:-“ Ma da quello che vedo il sindaco si trova in mezzo a una decina di carabinieri, non ce la faremo mai!” – provai a ribattere.
:-“ Tu non ci pensare e fai come ti ho detto” – insistette l’uomo premendo ulteriormente la pisola contro il mio fianco.
Per nulla convinto dal piano esposto dal genio del male, cominciai lentamente a salire, ero molto nervoso e temevo per il peggio, un vigile mi fece segno di fermarmi per permettere alle macchine provenienti dalla direzione opposta di passare, era proprio fermo davanti a me, a pochi metri, cercai di fare delle smorfie per fargli capire che qualcosa non andava ma era troppo impegnato a regolare il traffico per capire. Provai a suonare il clacson ma quel farabutto dietro di me si accorse in tempo e mi fermò subito dicendomi di non provarci.
Cominciai a sudare freddo, le gambe mi tremavano e il piede sul pedale del freno iniziò a muoversi freneticamente, avevo paura.
Dall’altoparlante il prete recitò il padre nostro e mentalmente pregai anch’io. Finalmente il vigile ci fece cenno di proseguire e contemporaneamente la processione riprese il suo cammino con la banda che suonava in testa, in quel momento fu come se il tempo si fosse distorto, diluito. Dietro di me il folle mi ripeteva di rallentare una volta arrivati al sindaco, io che guardavo i volti di tutti i componenti della banda, poi del prete e infine dei carabinieri, lo sportello posteriore che si apre, la momentanea confusione creata per quel tentativo insolito di rapimento e dei colpi di arma di fuoco che ebbero il potere di accelerare il tutto portando il corso degli eventi a svolgersi al doppio della velocità, dapprima mi arrivò qualche schizzo di sangue in faccia , il mio aguzzino infatti fu colpito alla testa sporcando ovunque di sangue, poi vidi alcuni carabinieri puntare le loro armi contro di me e fare fuoco. Un rumore sordo di un esplosione, poi un fortissimo bruciore al petto, lascia il volante e saltai letteralmente sul sedile.
Mi ero addormentato con la sigaretta accesa in bocca che cadendo mi ha ustionato il petto. Questo l’ho capito qualche secondo dopo essermi svegliato di soprassalto dal dolore in preda al panico convinto che mi avessero sparato. Ero ancora li al parcheggio, era ancora notte e stava ancora piovendo.